Chiesa di San Raimondo al Refugio

Chiesa di San Raimondo al Refugio, Via di Fiera Vecchia, Siena, SI, Italia (5)

Descrizione

Il rapporto tra papa Alessandro VII Chigi e la chiesa di San Raimondo al Refugio è testimoniato dallo stile della facciata da lui patrocinata. Davanti alla chiesa, fu realizzato uno spazio per valorizzare adeguatamente il nuovo prospetto, importando così a Siena la scenografica concezione urbanistica già promossa a Roma . Le fonti concordano attribuendo i lavori all’architetto senese Benedetto Giovannelli che, presumibilmente entro il 1660, terminò la facciata in marmo, sulla quale risalta l’arme dei Chigi.

L’interno della chiesa, nonostante i danni subiti alla volta per il terremoto del 1798, mantiene intatto un inestimabile repertorio di arte senese dei primi due decenni del Seicento. L’insieme della decorazione pittorica è costituito da tre grandi pale d’altare, accompagnate da una serie di tele di minori dimensioni, eseguite sotto il patrocinio di Aurelio Chigi e, dopo la sua morte nel 1610, di suo fratello Agostino, rettore dello Spedale Santa Maria della Scala. Il programma iconografico si sviluppa intorno alle storie di San Galgano, Santa Caterina e San Raimondo di Pennafort. Testimonia la religiosità senese dell’epoca della controriforma: sulla parete sinistra San Michele Arcangelo appare a San Galgano , firmato e datato 1613 da Rutilio Manetti, precede la pala d’altare con la Morte di San Galgano , ritenuta opera di collaborazione tra Ventura Salimbeni e Francesco Vanni. Il ciclo pittorico continua con I parenti tentano di distogliere San Galgano dalla vita eremitica , altra opera di Rutilio Manetti, risalente al 1613. In fondo alla parete sinistra, troviamo la raffigurazione del miracolo di San Raimondo che cammina sulle acque , attribuita a Stefano Volpi; sulla sinistra dell’altare maggiore, l’ Adorazione dei Magi di Astolfo Petrazzi, che precede la grande pala con la Natività con angeli , iniziata da Alessandro Casolani e terminata, dopo la sua morte nel 1607, da Francesco Vanni. Alla destra dell’altare, ancora sulla parete di fondo, è sistemata la Circoncisione di Gesù di Giovanni Battista Giustammiani, detto il Francesino. Spostando lo sguardo sulla parete destra, una tela di Francesco Rustici detto il Rustichino illustra un miracolo del Santo a cui è dedicata la chiesa: San Raimondo resuscita un fanciullo . A lato, Gesù restituisce l’abito del povero a Santa Caterina di Sebastiano Folli e poi la grande pala con le Nozze mistiche di Santa Caterina di Francesco Vanni ( 1601), sistemata sull’altare di destra. Chiude il ciclo, Santa Caterina dona il suo mantello al povero , altra opera di Sebastiano Folli.

Le pale d’altare e le tele più piccole della parete di fondo sono accompagnate da un elegante apparato di cornici, colonne e frontoni di marmi policromi; le altre tele di minori dimensioni sono inserite in un’omogenea decorazione che, con raffinate cornici di stucco dipinto e dorato, attribuite a Francesco del Monna, comprende delle formelle dipinte a finto bronzo, modellate con scene della vita e della Passione di Cristo. Un cornicione con simboli della Passione divide in due ordini le pareti interne. Spicca al centro del pavimento, la lastra tombale del fondatore Aurelio Chigi, che le fonti assegnano a Ascanio da Cortona.

Il ricco patrimonio della chiesa comprende anche una notevole serie di arredi sacri, tra i quali spicca senza dubbio un pulpito in legno progettato da Agostino Fantastici, e un’ampia collezione di sculture, reliquiari, preziosi elementi del corredo liturgico, ex voto, messali, paliotti, paramenti sacri, con molti pezzi risalenti al Seicento e al Settecento, ma comprendenti anche alcuni oggetti più antichi.

All’interno della Chiesa inoltre sono stati restaurati e riallestiti i vecchi locali della sacrestia presso cui sono stati collocati preziosi oggetti sacri in argento, tre opere d’arte (tra cui una splendida Santa Caterina d’Alessandria), già in deposito presso la Pinacoteca Nazionale di Siena, e infine una tavola di Sano di Pietro rubata negli anni Cinquanta e ritrovata in un catalogo di asta del 2007. L’opera, grazie alla collaborazione della Soprintendenza competente, è stata recuperata nel 2012 ed è quindi ritornata di proprietà della Fondazione

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