Descrizione
Assieme al Tempio Malatestiano, Castel Sismondo è il più grande lascito di Sigismondo Pandolfo Malatesta.
Iniziato nel 1437, venne inaugurato nel 1446, ma alcune sue parti furono terminate solo alla metà degli anni ’50.
Sorgeva in una posizione strategica, calcolata ma anche creata nel corso dei lavori, tra la Cattedrale di Santa Colomba (abbattuta nel 1815) e la Piazza del Comune (oggi Piazza Cavour). Il rione era già stato scelto con accuratezza dai primi signori malatestiani: addossato alle mura cittadine ma anche limitrofo ai luoghi del potere politico e religioso. Sigismondo dunque volle inglobare alla nuova struttura quell’antico nucleo di case familiari, ma anche parte delle mura romane e la medievale Porta del Gattolo, mentre, per rendere più isolata e imponente la sua residenza, dovette ordinare l’abbattimento del convento di Santa Caterina, dell’episcopio e del Battistero del Duomo. Il castello così si imponeva su tutto e tutti, proprio come faceva il suo proprietario. Questo senso di potere assoluto, concentrato nelle mani del ‘tiranno’, lo si ha anche nel nome dell’edificio. Sismondo, oltre a legare e identificare per assonanza il castello e il signore di Rimini, riprende la cultura filosofico-politica medievale, di ascendenza aristotelica, che vedeva comparato il palazzo del potere alla città e ai territori dominati. In questo caso Sigismondo andò oltre, poiché Sismondo, stando per “Si (vi)s mundus”, ovvero “se vuoi, il mondo”, paragonò la sua fortezza a tutto il mondo e così il suo potere ad un potere quasi divino.
Esperto nell’arte del combattimento ma anche nelle fortificazioni difensive, non c’è dubbio che il Malatesta sia stato personalmente coinvolto nella progettazione del castello. Nome illustre che lo aiutò con consigli e suggerimenti fu persino Filippo Brunelleschi, in quegli anni impegnato nell’ultimazione della cupola fiorentina.
Il complesso era formato da un grandioso mastio, da possenti torri, da mura scarpate e da un ampio fossato. Del suo aspetto originario ne danno testimonianza le numerose medaglie encomiastiche di Mattero de’ Pasti, l’oblò affrescato nel “Sigismondo Pandolfo Malatesta inginocchiato davanti a San Sigismondo” di Piero della Francesca al Tempio Malatestiano e, sempre al Tempio, il bassorilievo di Agostino di Duccio, che, sotto il segno del Cancro, segno di Sigismondo, raffigura la città di Rimini dominata dall’imponente fortezza. Inoltre, varie fonti, tra cui il “De re militari” di Valturio, descrivono il castello intonacato di bianco, con torri di ingresso rosse e altre verdi (gli antichi colori di rimini). Decori, scritte, stemmi, bugnati marmorei e maioliche variopinte, infine, decoravano il tutto, con il gusto tanto sfarzoso quanto confuso, tipico di Sigismondo Pandolfo. Ancora oggi si può ammirare l’elaborato stemma malatestiano sul portale d’ingresso, composto da un elefante, una rosa e una scacchiera.
Con la caduta della signoria e l’annessione di Rimini allo Stato Pontificio (1509), la rocca venne usata come fortezza papalina. Subì nel corso dei secoli numerose trasformazioni, tra cui l’abbattimento della cinta muraria, il riempimento del fossato e la spoliazione delle suppellettili, fino a diventare nel XIX secolo carcere cittadino. Nel 1967 si iniziò a ridare il giusto valore ad uno degli edifici più importanti della città ed oggi il castello restaurato ospita importanti mostre internazionali e manifestazioni culturali.