Il complesso monumentale è situato sulla sommità di Monte Acuto, detto anche “Monte Santo”, un colle di forma conica situato nelle vicinanze dell’abitato del Galluzzo, paese a sud di Firenze. Il complesso monastico fu voluto da Niccolò Acciaioli (1310-1365), personaggio di spicco dell’ambiente politico ed economico trecentesco. I primi documenti in cui Niccolò esprime la volontà di fondare un monastero dedicato a San Lorenzo Martire, risalgono al 1338, quando stilò il suo primo testamento, prima della partenza per una spedizione in Morea al seguito di Caterina di Valois-Taranto. Alla fine del 1341, dopo il rientro dalla Grecia, Niccolò si recò a Firenze per una missione diplomatica affidatagli da Re Roberto d’Angiò. Fu durante questo soggiorno che fu stilata la carta di donazione delle terre su cui doveva sorgere il monastero e le rendite necessarie sia per la costruzione del complesso che per la sopravvivenza dei monaci.
Il luogo fu scelto perché la posizione elevata del monastero e la presenza ai piedi della collina dei due torrenti, la Greve e l’Ema, garantivano l’isolamento necessario alle regole di vita della comunità certosina. Inoltre, visto che dalla cima della collina si dominavano le vallate circostanti, era un luogo ideale anche dal punto di vista difensivo: la costruzione, arroccata nel punto più alto, sarebbe risultata facilmente difendibile dalle frequenti incursioni degli eserciti impegnati nelle continue guerre che Firenze sosteneva contro le città e gli stati vicini.
La superficie limitata a disposizione, costrinse la comunità a costruire la chiesa e i locali limitrofi sulla roccia del colle, mentre la maggior parte degli edifici della certosa furono realizzati grazie alla edificazione di massicci e imponenti muri di contenimento e bastioni, che circondano tutto il complesso. In questo modo, grazie alla dislocazione su più livelli dei vari locali, riuscirono ad ottenere la superficie necessaria per il posizionamento dei nuclei principali della certosa. La conformazione geologica del colle permise inoltre che il materiale necessario alla costruzione dell’opera fosse cavato direttamente in loco.
Palazzo Acciaiuoli
La prima struttura che si incontra arrivando al complesso dalla strada è il blocco merlato di palazzo Acciaiuoli, o palazzo degli Studi, che venne eretto da Jacopo Passavanti e Jacopo Talenti per i soggiorni privati di Niccolò Acciaiuoli. Qui egli avrebbe potuto ritirarsi nella tranquillità del monastero ed accogliere fino a cinquanta giovani da avviare allo studio delle arti liberali però alla sua morte il palazzo era completato solo fino al primo piano e solo alla metà del Cinquecento venne terminato.
L'edificio è articolato al pian terreno in quattro sale (che non fanno parte del percorso visitabile), oggi adibite a laboratorio di restauro dei libri del Gabinetto Vieusseux danneggiati dall'alluvione di Firenze. Al primo piano, accessibile da un ampio scalone che parte dal piccolo piazzale vicino l'ingresso principale della Certosa, si trovano invece due saloni, dove è collocata la Pinacoteca.
La Pinacoteca
La prima sala della Pinacoteca è un vasto salone coperto a capriate, che sulla parete sinistra accoglie i cinque affreschi con Scene della Passione staccati dalle lunette del chiostro grande, che furono realizzati dal Pontormo (1523-1525) durante il suo soggiorno alla Certosa per sfuggire all'epidemia di peste che imperversava a Firenze.
I lunettoni vennero staccati solo nel 1952 ed oggi sono molto sciupati, sia per l'azione degli agenti atmosferici che per alcuni sfortunati interventi di restauro; nella stessa sala sono anche esposte copie eseguite nel tardo Cinquecento da vari artisti: Ludovico Cardi detto il Cigoli (Orazione nell'orto), Jacopo Ligozzi (Cristo davanti a Pilato), Giovan Battista Naldini (Salita al Calvario), un anonimo pittore nordico (Deposizione) e l'Empoli (Resurrezione).
Altre opere sono il Ritratto di Niccolò Acciauoli, di scuola fiorentina della seconda metà del XVI secolo, la tavola della Madonna col Bambino e santi di Perugino, l'Incoronazione della Vergine, attribuita a Mariotto di Nardo, una Santissima Trinità, attribuita a Paolo Schiavo, le tavole con San Pietro da Verona e San Giorgio Martire di Ridolfo del Ghirlandaio e, al centro della parete di fondo, l'affresco staccato di Gesù che predica agli apostoli dell'Empoli. Spicca al centro della sala un grande crocifisso ligneo di scuola toscana della seconda metà del Trecento.
La sala adiacente ospita dipinti del XVII secolo: Martirio di sant'Andrea di Cosimo Gamberucci, Beato Rasore Cesorio che fugge il demonio di scuola toscana della prima metà del XVII secolo, Santa Caterina da Siena di Bernardino Mei e otto grandi pale d'altare di Orazio Fidani, tra le quali spicca la Glorificazione di san Bruno, fondatore dell'ordine certosino. Qui si trovava anche la tela dell'Angelo custode, di Giovanni Bilivert, oggi nell'Oratorio dei Bini in via Romana.
Il monastero
Il monastero fu completato più velocemente, entro il 1395, anno della consacrazione. I rifacimenti e abbellimenti vari che furono aggiunti nel corso degli anni, fino al XVII secolo, lo caratterizzano comunque con un aspetto composito, con un predominare dello stile tardo-rinascimentale, caratterizzato da un misurato classicismo. Il piazzale fa da raccordo tra il palazzo e la chiesa di San Lorenzo, che vi si affaccia. Fu costruito tra il 1545 e il 1550.
La Chiesa di San Lorenzo
La fondazione della chiesa di San Lorenzo, a navata unica, risale al Trecento: fu iniziata nel 1341 e consacrata nel 1394. Fu trasformata nel XVI secolo, epoca in cui fu costruita la facciata in pietra serena da Giovanni Fancelli (1556), ornata dalle statue di San Lorenzo, patrono della chiesa, e San Bruno, patrono dell'ordine, entro due nicchie.
La chiesa è divisa in due parti distinte, una destinata ai monaci di clausura ed una destinata ai fratelli conversi che li assistevano. In origine la chiesa era più piccola, visto anche il numero di persone che doveva accogliere; in seguito fu ampliata, cosicché il coro, costituito da 18 sedili intagliati con visi d'angelo, fu spostato indietro rispetto alla posizione originaria.
La parte più antica è il presbiterio e il coro dei monaci, ai quali si accede tramite un portale in pietra serena cinquecentesco, scolpito da Simone Bassi. Questa parte è divisa in tre campate di volte a crociera su pilastri gotici. Lo straordinario altare marmoreo intarsiato risale al 1595 e nelle nicchie ospita delle statuette, che sostituiscono quelle originali di Giambologna, trafugate all'epoca dell'Occupazione napoleonica e mai più ritrovate.
Importante è anche il pavimento a marmi policromi, costruito nel coro nel 1573 e nel presbiterio tra il 1591 e il 1594, ispirato ad altre opere fiorentine che a loro volta si rifanno alla tradizione della decorazione dei più sontuosi edifici antichi di Roma.
Il Chiostro Grande
Alla generosità del Buonafé è dovuta la realizzazione del Chiostro Grande, costruito tra il 1491 e il 1520, con ciascuno dei lati scanditi da leggere arcate a tutto sesto con sessantasei medaglioni con busti in terracotta invetriata su ogni colonna, opera di Giovanni della Robbia e aiuti del 1520-1523. Vi sono rappresentati Personaggi dell'Antico Testamento, Apostoli, evangelisti e Fondatori di ordini religiosi. Si tratta della più grande raccolta di opere robbiane situate nella medesima sede.
Le lunette sopra le porte sono quasi tutte opera di Giovanni di Matteo e risalgono al 1506.
Vi si aprono le diciotto celle dei monaci. Accanto a ciascuna porta si vedono ancora le aperture dove giornalmente si introduceva il cibo, essendo la maggior parte dei pasti consumata nella solitudine della propria cella. Ognuna di queste celle era articolata in maniera piuttosto confortevole, con tre livelli: una stanza da pranzo con camino e una camera da letto al livello del chiostro, un grande studio al piano superiore e, al piano inferiore, una cantinetta con giardino e pozzo.