Descrizione
Il piccolo ma interessante museo è ospitato negli ambienti sviluppati sulla sinistra dell'androne di accesso, che erano già dal 1862 circa aperti al pubblico sotto forma di "sale di ostensione" dei lavori. Raccoglie alcuni esempi di lavori in pietre dure, fra i quali cabinet, piani di tavolini, placche e targhette varie intarsiate, con un vasto repertorio di decorazioni, per lo più con fiori, frutta e animali, ma anche con altre scene pittoriche, fra le quali una famosa veduta di Piazza della Signoria. Alcune opere che colpiscono particolarmente ci sono il grande caminetto barocco interamente ricoperto di malachite, di un verde smagliante, e le copie di quadri eseguiti ad intarsio, con una lucentezza e bellezza a volte maggiore degli originali su tela esposti accanto.
Alcuni spazi sono dedicati a pietre particolari, come la pietra paesina, estratta vicino a Firenze, i cui strati di colori diversi, se sezionati opportunamente, danno l'illusione di un paesaggio roccioso dipinto.
Al primo piano sono esposti gli strumenti per l'intarsio ed un campionario completo delle pietre dure risalente all'epoca dei Medici. Nell'ultima sala sono esposti vasi e suppellettili decorate in stile liberty dei primi del Novecento, fra le quali il piano di tavolo con arpa e ghirlande di Zocchi (1849) e quello con fiori e uccelli di Niccolò Betti (1855).
Alla fine degli anni Ottanta la direttrice del museo dell'Opificio, Anna Maria Giusti, decise di procedere a un sostanziale rinnovamento del vecchio salone di ostensione dei manufatti lapidei - ancora caratterizzato dalla disposizione ottocentesca nonostante la ristrutturazione operata negli anni Sessanta dall'architetto Lando Bartoli e da Edward Maser - così da trasformarlo in un moderno museo ordinato secondo un criterio al contempo cronologico e didattico.
Il nuovo allestimento previde il trasferimento di tutto il museo al piano terra, così da liberare le stanze del piano nobile e trasformarle in uffici. L'incarico fu affidato a Adolfo Natalini, dopo che la committente aveva visto e apprezzato il progetto al teatro della Compagnia. Nell'aprile del 1989 l'architetto pistoiese cominciò il progetto e i lavori furono avviati nel 1991. Nell'estate del 1995 vennero conclusi e il museo fu ufficialmente inaugurato il 1º luglio dello stesso anno.
Poche le annotazioni critiche sul progetto; Vittorio Savi (1996) sottolinea il carattere di familiarità dell'intervento, che si presenta come una casa dove una parete sia stata tolta per mostrare l'interno e dove le "stanze" sono costituite da grandi vetrine classiche in legno.
Dal centrale portale in pietra serena si accede al vestibolo sul cui fondo è visibile il cortile interno utilizzato anche come mostra di pezzi lapidei: ai lati del vestibolo sono situati la portineria e la scala di accesso ai piani superiori e, verso il cortile, l'ingresso al museo e la biglietteria.
Il Museo è stato ristrutturato, su progetto di Adolfo Natalini, nel 1995. Il riordino della raccolta, curato da Anna Maria Giusti, segue un criterio tematico: nelle sale ricavate dal salone sono documentate le produzioni del periodo granducale mediceo e lorenese, nelle salette ottocentesche quelle del periodo postunitario. il piano rialzato del salone è dedicato alle tecniche di lavorazione: dal ricco campionario lapideo, ai banchi da lavoro, agli strumenti, fino alla esemplificazione didattica di alcune fasi di produzione di tarsie e di intagli. Si può in tal modo ripercorrere il processo completo, dall’ideazione all’opera finita, e scoprire i meccanismi più intimi di un affascinante episodio di storia artistica fiorentina.
L'intervento è consistito nella riprogettazione e nell'allestimento del grande salone, nella ristrutturazione delle attigue salette ottocentesche e nella creazione della biglietteria e dei servizi igienici del piano terra.
Il salone presenta una pianta rettangolare e un doppio volume, conseguito tramite l'inserimento di tre massicci pilastri di ordine gigante (in cemento e rivestiti in pietra serena con ricorsi orizzontali) che vengono a definire quattro spazi a pianta quadrata: queste nicchie al piano terra affacciano sul corridoio finestrato, mentre al piano superiore scompaiono per lasciare il posto ad un unico vano scandito unicamente dal segno verticale dei pilastri. Le vetrine (in legno di ciliegio e pero) sono ricavate alle pareti delle quattro nicchie (che ospitano i pezzi secondo un allestimento tematico e cronologico) e sul lato finestrato, più basse. Al fondo della sala è situata, allineata con il filo esterno dei tre pilastri, la scala rettilinea che conduce al piano ballatoio: questa presenta il fianco connotato da un arco zoppo, al di sotto del quale si accede alle salette ottocentesche, e è caratterizzata dal medesimo rivestimento lapideo e disegno dei pilastri; in pietra serena sono anche le pedate ed il corrimano (quest'ultimo con un disegno di memoria buontalentiana) mentre le alzate sono rivestite da lastre di pietre dure (rosse, gialle e verdi). Il salone e le salette laterali sono illuminate da una luce diffusa mentre tutte le vetrine sono illuminate all'interno tramite fibre ottiche.